LA CONCENTRAZIONE
Quando parliamo di concentrazione non possiamo fare a meno di pensare alla mente, ovvero al movimento dei nostri pensieri. La mente diventa ciò che pensa e per questa ragione può creare qualsiasi cosa, qualunque illusione.
Quando ci svegliamo la mattina ci immergiamo nella realtà quotidiana armati semplicemente della nostra capacità di vivere le cose serenamente e con consapevolezza, ovvero con il nostro saper essere coscienti nel momento presente.
La consapevolezza non si limita a procurarci immediati vantaggi di carattere pratico dovuti ad attenzione e chiarezza, non si limita alla sola visione del mondo esterno, ma consiste nella presa d’atto della propria realtà e ci consente di riconoscere e percepire l’esistenza di un ricchissimo microcosmo interiore.
La consapevolezza e la concentrazione diventano fondamentali in un percorso marziale perché ci permettono di costruire la giusta tecnica, di rafforzare il corpo e di crescere spiritualmente. Al riguardo un bel racconto narra di un Samurai che visitò il leggendario Maestro Miyamoto Musashi, chiedendogli di essere istruito nella nobile Via della spada. Questi accettò. Divenuto suo discepolo, per ordine del Maestro il Samurai passava il suo tempo a tagliare e trasportare legna, e ad andare a prendere l’acqua da una sorgente lontana. E questo per tutti i giorni per un mese, due mesi, un anno, tre anni. il Samurai continuava e così allenava il suo corpo. Alla fine dei tre anni, tuttavia, non resse più e disse al Maestro: “Ma quale allenamento mi fate subire? Non ho ancora toccato una spada dal mio arrivo. Per tutto il giorno non faccio che tagliare legna e portare acqua! Quando m’inizierete?”. “Calmo, calmo – rispose il Maestro- vi insegnerò la tecnica, visto che lo desiderate”. Lo fece entrare nel dojo e, ogni giorno, dalla mattina alla sera, gli ordinò di camminare sul bordo esterno dei tatami e di fare, passo dopo passo, senza sbagliare, il giro della sala.
Il Maestro gli insegnava così a concentrarsi sul modo di camminare. Concentrarsi su un atto e farlo perfettamente. Poiché i dettagli della tecnica, gli artifici, i passi, sono in effetti secondari in rapporto alla concentrazione. Se si è sufficientemente concentrati, un gesto, uno solo, è sufficiente. Così, quindi, il discepolo camminò per un anno lungo il bordo del tatami. Alla fine di questo periodo disse al Maestro: “Sono un Samurai, ho praticato molto la scherma e ho incontrato altri Maestri di Kendo. Nessuno mi ha mai insegnato così come fate voi. Insegnatemi infine, se lo credete, la vera Via della spada”. “Bene – disse il Maestro- seguitemi”. Lo condusse lontano, nella montagna, nel punto in cui una trave di legno attraversava un burrone di profondità inaudita, terrificante. Disse: “Ecco, bisogna che attraversiate questo passaggio”. Il discepolo Samurai non capiva più nulla e, di fronte al precipizio, esitava non sapendo che fare.
Ad un tratto, intesero dietro di loro, “toc-toc-toc”, il rumore del bastone di un cieco. Il cieco, senza tener conto della loro presenza, passò loro accanto e attraversò senza esitazioni la trave gettata sul burrone, tastandola con il bastone. “Ah, pensò il Samurai, comincio a capire. Se così attraversa un cieco, anch’io devo fare altrettanto”. E il Maestro in quel momento gli disse: “ Per un anno hai camminato sul bordo esterno del tatami, che è più stretto di questa trave, quindi devi passare”. Il discepolo comprese e…..attraversò il ponte in un baleno.
Ecco, l’allenamento era completo: quello del corpo per tre anni, quello della concentrazione su una tecnica (la marcia) per un anno, e quello dello spirito di fronte al burrone, di fronte alla morte, in un attimo.
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